Più liberi di ieri

Pubblicato: 29/01/2016 in Società&Cultura
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  Si potrebbe dire che si ha progresso quando la condizione dell’uomo diviene più felice. La condizione dell’uomo è più felice quando egli si avvicina a quella condizione di vita con cui è venuto al mondo. La libertà. È un bisogno primario, l’uomo nasce senza catene e trascorre la propria esistenza cercando di guadagnare costantemente pezzetti di libertà, quella libertà con cui è nato ma a cui, in parte, ha dovuto rinunciare inserendosi nella vita di comunità con gli altri uomini. La libertà non è assenza di regole, non è anarchia, non è egoismo. L’immagine più efficace è rappresentata dalla cosiddetta etica della reciprocità (o regola d’oro): 

Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te

La portata di queste parole è stata fin troppo sottovalutata dalle persone. Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Grandioso. Pensateci un attimo. Il concetto è tutto qui ed è stato pensato, detto e scritto centinaia di volte e molti millenni or sono. È stato il pensiero di Talete e di Isocrate, è un precetto del Cristianesimo, dell’Ebraismo e dell’Islam. Estendiamolo analogicamente: Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te e consenti agli altri ciò che vorresti fosse consentito a te. Basta, finito, no more bet. È enorme nella sua semplicità. Ecco perché non condivido la classica distinzione tra riformisti e conservatori. Il termine riformista è inadeguato, non connota alcuna peculiarità specifica. Tutti fanno le riforme, è il contenuto che ne determina la qualificazione. Una riforma può portare indietro di 50 anni oppure può lasciare inalterato lo status quo cambiando semplicemente procedure, regole, requisiti. Una riforma può, invece, proiettarci in avanti. Può fare progresso. Chi decide se la portata di una riforma è progressista? Se ciò che è stato detto poc’anzi risponde al vero dobbiamo concludere che una riforma è progressista se rende gli uomini un po’ più liberi del giorno prima. Lo scenario politico italiano non conosce (o non conosce più) la distinzione tra progressisti e conservatori. Non li troviamo ai due angoli dello schieramento a combattersi. No. Progressisti e conservatori sono “mischiati”, sono presenti in percentuali assai simili in tutti gli schieramenti. E questo è uno dei motivi del caos, degli indecisi alle urne, delle lotte intestine, delle leggi che vengono scritte in aramaico antico in modo tale da lasciare ampio spazio a interpretazioni opposte e accontentare un po’ tutti. Ma questa è un’altra storia. Tornando ai conservatori, quello che mi ha sempre stupito di loro è la paura che hanno verso un diritto che possa essere esercitato da altri. Se il thema decidendum è ampliare la libertà di qualcuno senza impoverire la loro, ebbene, loro… lo contestano. Si oppongono, con tutte le loro forze. Temono che la terra gli si apra sotto i piedi e le fauci di Lucifero li attendano spalancate. In quale modo il matrimonio tra due individui dello stesso sesso possa pregiudicare la loro vita non è chiaro. Io rispetto il loro modo di vivere, infatti non voglio imporre loro niente. Ma loro non rispettano il mio e vogliono imporre regole e divieti. Io, che omosessuale non sono, proprio non capisco perché dovrei impedire a due persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio. A pro di cosa? Di salvaguardare la società? Hanno forse paura che l’omosessualità possa diffondersi per via aerea e portare l’umana specie ad estinzione? I conservatori hanno indole autoritaria, poco coraggio e una mente ingolfata dal pregiudizio. Dio ce ne scansi. 

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